In Dreampuzzle ci occupiamo di educazione digitale per rendere i più giovani degli utilizzatori attivi, critici e consapevoli della tecnologia che li circonda.
Se è vero che bambini e ragazzi oggi sono abituati ad utilizzare la tecnologia con più semplicità rispetto ai genitori, non è altrettanto vero che la conoscono davvero in tutte le sue potenzialità.
Mondi virtuali, robot, videogiochi ed effetti speciali attirano, divertono e generano molto stupore ed interesse, ma troppo spesso i più giovani ne sono solo fruitori passivi.
Noi li accompagniamo nello scoprire tutti i retroscena della tecnologia attraverso corsi di coding, robotica e attività STEAM.
Oltre a conoscere e padroneggiare gli strumenti tecnologici bambini e ragazzi imparano a sviluppare una strategia di pensiero chiara, logica e operativa, necessaria per risolvere problemi, in modo personale e creativo.
Il coding permette ai ragazzi di apprendere i linguaggi di programmazione necessari per animare un videogioco o azionare un robot. Non un apprendimento fine a se stesso, ma l’esperienza di padroneggiare uno strumento che permette di dare forma ai progetti.
La robotica educativa invece apre i giovani a tutte le fasi di progettazione, costruzione e programmazione di robot con motori e sensori, per far sì che siano poi in grado di muoversi nello spazio e compiere azioni.
Le attività STEAM connettono varie discipline e hanno come sfondo l’uso delle tecnologie.
STEAM, acronimo di Science Technology Engineering Art Mathematics, ed è un metodo di apprendimento interdisciplinare sviluppato dal 2000 negli Stati Uniti proprio con l’obiettivo di avvicinare gli studenti di ogni provenienza sociale alle discipline matematiche e scientifiche. Con le attività STEAM si progetta, si costruisce, si riflette e si elaborano le proprie conoscenze in funzione di un obiettivo. Vengono quindi messe in gioco capacità intellettive, riflessive, manuali e creative stimolate dal confronto con gli altri.
Bambini e ragazzi acquisiscono competenze piuttosto che contenuti teorici e sono stimolati nel ricercare informazioni e soluzioni.
(Seymour Papert – Matematico, informatico e pedagogista, padre del costruzionismo nelle teorie dell’apprendimento
ed autore del primo linguaggio di programmazione a scopo didattico chiamato LOGO)
Da 10 anni siamo impegnati ad avvicinare ragazze e ragazzi, in modo coinvolgente, a materie e tecnologie proprie della cultura che avanza con particolare attenzione alla robotica ed al coding.
La nostra proposta in 3 minuti
I nostri approcci
Abbiamo sviluppato i 3 approcci per intercettare interessi e sensibilità diverse:
Engineers Club
(a partire dalla scuola dell’infanzia)
Attività con materiali LEGO Education o analoghi (Gigo, FischerTechnik, etc…) così da approcciare, oltre al coding, la costruzione del robot, problemi di meccanica e lo studio delle forze.
I ragazzi si trovano a costruire qualcosa con dei pezzi Lego con cui hanno già confidenza, il che riduce al minimo qualsiasi barriera d’ingresso, per passare poi possibilità alla programmazione sia a livello base che medio o avanzato.
L’obiettivo è di “imparare a programmare più che di programmare per imparare”.
Coding project
(dalla 1° scuola primaria)
Attività di programmazione per imparare a risolvere problemi e esprimere la creatività.
È un percorso “semplice”, dato che è richiesta poca/nessuna manipolazione.
In base alla modalità scelta (senza o con PC) ed al programma di simulazione o al robot selezionato, si impara a programmare un linguaggio a frecce, icone, blocchi o addirittura scritto come Python (a seconda dell’età dei partecipanti).
Makers club
(dalla 3° scuola primaria)
Attività con una scheda (Calliope, Microbit, Arduino) dove si programma una serie di sensori integrati a cui si possono integrare ulteriori sensori ed inserire scheda e sensori in una costruzione fatta con qualsiasi materiale.
È il percorso più fantasioso, dove si parte dalla scheda elettronica scelta con la possibilità di espandere il progetto grazie a servomotori e sensori.
A cosa pensiamo quando si parla di robot?
Il termine robot, inventato nel XX secolo da uno scrittore, poco dopo la Prima e poco prima della Seconda Guerra Mondiale, in pieno sviluppo di macchine, forse mal si sarebbe adattato alle sofisticate, intelligenti e autonome tecnologie che sarebbero seguite. I nomi delle cose sono figli della loro epoca, e il termine robot risente della durezza e disumanità di quegli anni. In slavo robot significa più o meno schiavo. La definizione di robot varia negli anni con il loro sviluppo.
Quella recente della IEEE Robotic&Automation Society richiama il fatto che i robot sono macchine e sistemi intelligenti dotati di sensori e attuatori, programmabili in diversi gradi di libertà, capaci di muoversi in ambienti per svolgere compiti previsti, senza diretto intervento umano.
La robotica insegue uno dei sogni dell’umanità: realizzare un’entità più simile possibile agli umani con “intelligenza” – capacità computazionali – e forza – potenza di azione – straordinarie: i robot. Queste macchine sono oggi i nostri avatar nello spazio e nelle profondità oceaniche, in ambienti pericolosi e nocivi, e ci sostituiscono in lavori noiosi e routinari.